I dati del mondo dell’autoriparazione in provincia di Ragusa analizzati nella quinta pubblicazione del Centro studi della Cna territoriale “Il settore tiene ma bisogna pensare a un nuovo modello operativo”

Sab, 08/06/2019 - 15:43
I DATI DEL SETTORE DELL'AUTORIPARAZIONE DELLA PROVINCIA DI RAGUSA ANALIZZATI NELLA QUINTA PUBBLICAZIONE DEL CENTRO STUDI DELLA CNA TERRITORIALE

Il mondo dell’autoriparazione sta vivendo profondi ed importanti cambiamenti: già adesso si cominciano a intravedere queste modifiche e gli scenari che riguarderanno sia i costruttori che gli autoriparatori. Nel mondo dei costruttori di auto, si rileva un’importante tendenza ad acquisizioni finanziarie e fusioni orientate alla costituzione di aziende e gruppi industriali più potenti ed influenti. E’ quanto emerge dalla quinta pubblicazione del Centro studi della Cna territoriale di Ragusa che fa il punto sul settore in questione. “Queste aggregazioni hanno, tra le tante – spiega il responsabile del Centro studi Giorgio Stracquadanio – un’aspirazione precisa: provare a monopolizzare anche il mercato relativo alla gestione dei servizi del dopo vendita (Aftermarket)”. Di fronte a questo scenario scaturisce di conseguenza una domanda: le attuali officine e le imprese di servizi che operano nel territorio ibleo come si stanno preparando per affrontare questo nuovo contesto? Osservando i dati pubblicati da Movimprese, ed in particolare quelli relativi alle attività indicate nella Sezione G della classificazione Ateco (Commercio all’ingrosso e al dettaglio; riparazione di autoveicoli e motocicli), si evince come nel Registro imprese della Camera di Commercio di Ragusa, al 31 dicembre 2018, sono iscritte 1.188 imprese ricadenti nel settore dell’autoriparazione. Negli ultimi dieci anni le imprese del settore sono cresciute di numero, ma all’interno delle stesse vi è stata una flessione delle attività svolte in forma individuale ed un aumento delle società di capitali, mentre le società di persone hanno subito una lieve decremento.

 

La situazione al 31 dicembre 2018 è la seguente: 751 imprese individuali, pari al 63%; 229 società di capitali, pari al 20%; 208 società di persone, pari al 17%. Il 54% di queste imprese, cioè 645 attività, è organizzato in forma artigianale; all’interno di queste il 78%, pari a 502 attività, ha forma individuale, il 17%, pari a 111 attività, sono società di persone, il 5%, pari a 32 attività, sono società di capitali. Esaminando in modo più specifico il settore artigiano, si deduce come lo stesso negli ultimi dieci anni, rispetto al dato complessivo del Registro imprese, abbia subito un lento ma continuo arretramento. Nel 2009, le 720 attività artigianali rappresentavano oltre il 63% delle aziende iscritte nel registro Imprese.

In particolare, dal 2012 in poi l’arretramento delle attività artigiane è diventato via via più evidente soprattutto nelle imprese individuali e nelle società di persone, mentre le società di capitali, in particolare le Srl, sono lentamente cresciute.

 

                            

Analizzando l’assetto strutturale di queste attività è subito emerso come la loro organizzazione sia caratterizzata da una forma gestionale poco differenziata. La forma artigiana, come dimostrano i dati, è ancora quella più adatta per governare queste attività. C’è il titolare/amministratore che rappresenta il vertice strategico ed esercita direttamente sia il controllo economico quanto il potere di direzione e coordinamento. I collaboratori, gli operai, sono un valore aggiunto. Infatti, quando raggiungono un buon livello di professionalità in alcuni casi possono assumere autonomamente delle decisioni, mantenendo su di loro la responsabilità di coordinamento e di indirizzo delle linee di sviluppo dell’attività. Va comunque sottolineato come questo modello organizzativo sia chiuso al proprio interno e quindi poco collaborativo con gli altri.

 

Risulta chiaro come complessivamente le attività del territorio legate alla filiera dell’auto, tra alti e bassi, mostrino una più che sostanziale tenuta rispetto agli scenari che sono stati illustrati in premessa a questo studio. Ma questa “resistenza” è dettata da un fatto specifico: la provincia di Ragusa ha un parco macchine ampio ma relativamente anziano.  67 auto ogni 100 abitanti, 219.118 autovetture al 31 dicembre 2018 (dati Aci), dove oltre il 40% delle stesse ha un’età media superiore ai 10 anni. Ecco perché il settore tiene. C’è un parco auto vecchio che ciclicamente ha bisogno di manutenzione.  Ma non sarà sempre così; anzi già da ora non è così. Sempre dai dati dell’Aci viene fuori che nel 2015 in Italia le auto elettriche immatricolate erano 4.384, mentre quelle ibride erano 85.348; nel 2018 le auto elettriche immatricolate sono 12.156 e quelle ibride sono 244.484.

 

Il panorama dell’alimentazione e quindi la meccanica e la componentistica stanno cambiando rapidamente.  Sono interessanti i dati presi sempre dall’Aci relativi alla nostra provincia. In quattro anni si è passati da 157 a 604 modelli a nuova alimentazione e tecnologicamente più avanzati.  E’ chiaro che stiamo parlando di numeri ancora poco significativi rispetto alle oltre 200 mila auto a benzina o gasolio che circolano in provincia, ma è più che significativo il balzo in avanti fatto in pochissimo tempo da questi nuovi modelli.

 

Di questo passo, in pochi anni, il panorama del parco auto, e più complessivamente della mobilità, sarà molto diverso dall’attuale. Serve iniziare a pensare a come non farsi trovare impreparati. E’ importante capire che è già in atto una trasformazione nella percezione dell’auto: non più vista come status symbol, ma come strumento di lavoro. L’auto soddisfa l’esigenza della mobilità ma i costi di gestione della stessa cominciano ad essere onerosi e per questo la proprietà del mezzo non è più strettamente necessaria. Stanno iniziando a proliferare nuove forme di fruizione, come il noleggio a lungo termine, l’auto condivisa da più persone (car sharing) e più in generale il fenomeno della “social mobility”.

 

“Per queste nuove realtà, così come per l’utenza tradizionale – conclude Stracquadanio – la qualità del servizio diventa un obiettivo centrale, ma sempre più complesso, e richiederà cooperazione fra le varie attività del settore per le attrezzature, i software e vari tipi di servizi. Quello che oggi stanno facendo le grandi case automobilistiche deve, o dovrebbe, essere fatto (con le dovute differenze) dagli attori della filiera dei servizi all’auto, e in particolare dalle Imprese di autoriparazione. Serve cominciare a pensare ad un futuro, non molto lontano, fatto di integrazione e progettualità condivisa. E’ venuto il tempo di avviare l’aggregazione basata su contratti associativi, accordi di collaborazione, partecipazione a gruppi di Imprese o anche alla semplice collaborazione informale, per superare i problemi e i limiti dovuti alla dimensione, sviluppando economie di scala, economie esterne e di conoscenza che riducono i rischi e i costi”.

Ufficio Stampa
Giorgio Liuzzo